Interruzione
23 Apr 2025, Mer

Bruxelles – Il Parlamento Europeo alza la posta nella corsa al rilancio dell’industria della difesa dell’UE, proponendo un budget ben più ambizioso rispetto a quello iniziale della Commissione Europea. Alla base del piano originario c’era l’European Defence Investment Programme (EDIP), un programma da 1,5 miliardi di euro per incentivare gli acquisti congiunti di armi tra i Paesi membri e sostenere il settore fino al 2027. Troppo poco, secondo i deputati, che chiedono di aggiungere 15 miliardi di euro, attingendo ai prestiti del nuovo fondo Security Action for Europe (SAFE), un’iniziativa da 150 miliardi presentata questo mese per finanziare la difesa comune.

Non solo: il Parlamento vuole destinare ulteriori 5 miliardi dai prestiti SAFE all’industria della difesa ucraina e agli acquisti da aziende di Kiev, un segnale di solidarietà concreto verso un Paese in prima linea. Tuttavia, l’accesso a questi fondi sarebbe soggetto a condizioni più severe rispetto a quanto proposto dalla Commissione o dagli Stati membri. Per ottenere i sussidi, un progetto dovrebbe coinvolgere almeno cinque aziende con sede in almeno cinque Paesi, tra cui Stati UE, Norvegia o Ucraina. Ma per garantire una predominanza europea, almeno quattro di questi Paesi devono essere membri dell’Unione: un meccanismo pensato per bilanciare l’apertura ai partner esterni con la tutela degli interessi comunitari.

La proposta, ancora in fase di bozza, è stata elaborata a tempo di record dalle commissioni Industria e Difesa del Parlamento e dovrà passare al vaglio dell’assemblea plenaria prima di aprire i negoziati con gli Stati membri. I principali gruppi politici – dal centro-destra del PPE ai liberali di Renew, passando per socialisti, democratici e verdi – sembrano pronti a sostenerla, formando una solida maggioranza. Il calendario è serrato: entro oggi, 25 marzo, si chiudono gli emendamenti, con il voto in commissione fissato al 24 aprile e l’obiettivo di ottenere l’approvazione finale entro il 5 maggio.

Sul tavolo ci sono però nodi da sciogliere. I Paesi membri, che stanno ancora valutando il testo, insistono per mantenere il controllo sulle decisioni sensibili legate alla sicurezza nazionale, limitando il ruolo della Commissione nella gestione dei programmi. Altro punto caldo è la “preferenza europea”: il Parlamento spinge per un requisito dell’80% di valore europeo nei prodotti finanziati, contro il 65% concordato dagli Stati, con deroghe ancora in discussione per munizioni e missili. Inoltre, si vuole escludere componenti provenienti da Paesi terzi che minaccino la sicurezza dell’UE o violino il principio di buon vicinato.

La visione del Parlamento è chiara: rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa, sostenere l’Ucraina e incentivare una produzione di difesa condivisa e innovativa. Ma il confronto con i governi nazionali sarà decisivo per trasformare questa ambizione in realtà.

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