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23 Apr 2025, Mer

Morte di Papa Francesco: cosa lascia il Papa venuto “dalla fine del mondo”

Roma (eu24news) La notizia della morte di Papa Francesco ha scosso il mondo intero, segnando la fine di un pontificato che ha lasciato un’impronta profonda nella storia della Chiesa cattolica e nella coscienza collettiva del nostro tempo. Con la sua scomparsa, non perdiamo soltanto un capo spirituale, ma una figura capace di parlare al cuore di credenti e non credenti, con parole semplici e gesti forti.

Jorge Mario Bergoglio, primo papa proveniente dal continente americano e primo gesuita a salire al soglio di Pietro, fu eletto nel marzo 2013, succedendo a Benedetto XVI. Fin dal suo primo saluto – un semplice “Buonasera” dalla loggia centrale di San Pietro – fu chiaro che il suo pontificato avrebbe preso una direzione diversa. E così è stato.

Francesco ha scelto come filo conduttore del suo ministero la misericordia, la vicinanza agli ultimi, l’attenzione ai poveri, ai migranti, ai dimenticati. Ha affrontato con coraggio temi cruciali del nostro tempo: il cambiamento climatico, la disuguaglianza, la giustizia sociale. Con l’enciclica Laudato si’ (2015) ha posto l’ambiente e la cura della “casa comune” al centro della coscienza collettiva, parlando non solo ai cristiani, ma a tutta l’umanità.

È stato un Papa della prossimità, che ha rifiutato i simboli del potere per una vita sobria e coerente. Emblematica fu la scelta di vivere a Casa Santa Marta, rinunciando agli appartamenti papali, così come la sua abitudine di rispondere personalmente a lettere e telefonate, in un dialogo diretto e umano.

Ma è stato anche un riformatore, che ha affrontato con determinazione alcune delle ferite più dolorose della Chiesa: dagli abusi sessuali al rinnovamento della Curia, dalla promozione della sinodalità alla lotta contro il clericalismo. Ha cercato, con pazienza e determinazione, una Chiesa più trasparente, più vicina alla vita reale delle persone.

Nel giorno della sua morte, il mondo si raccoglie in silenzio e in riflessione. Non era un Papa perfetto – nessuno lo è – ma è stato un uomo autentico, un pastore che ha saputo toccare le coscienze, abbattere barriere, seminare speranza.

La sua eredità va oltre i documenti e le riforme: è fatta di gesti, di sguardi, di parole che continuano a vivere. Rimane la sua presenza discreta e profonda: quel camminare lento tra la gente, la carezza offerta a chi non se l’aspettava, il sorriso che parlava anche quando il silenzio sembrava l’unica risposta possibile.

La sua morte non chiude una stagione: la rende viva nel ricordo e nella responsabilità. Ci chiede di non restare spettatori. Di “fare chiasso”, come invitava i giovani. Di sporcarci le mani con la realtà, di non aver paura del dubbio, della fragilità, dell’altro.

Perché in fondo, Papa Francesco non ci ha mai chiesto di guardare lui. Ci ha chiesto di guardare oltre. Di guardare l’essere umano. Di incontrare l’altro nella sua dignità. Di prenderci cura del pianeta che abitiamo. Di riscoprire ciò che ci unisce, e non ciò che ci divide.

È morto un Papa. Ma resta vivo un testimone. E, per molti, anche un amico

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